Undici anni fa, il 10 dicembre 1993, usciva il primo Doom, uno dei capolavori dell’arte videoludica nonché pietra miliare di tutto il genere degli sparatutto in prima persona. Ripercorriamo assieme le tappe, dai primordi a DooM III.
E sono 11. Non vi inganni il fatto che sia un gioco ancora adesso molto discusso ed elogiato, ma sono già passati ben 11 anni dalla sua prima incarnazione. Undici anni per nulla dimostrati se si considerano la qualità e la rilevanza che è riuscito a mantenere questo gioco nel corso degli anni, ma senza dubbio dimostrati se si considerano la maturità e l’evoluzione che ha raggiunto questo genere, fino all’ultimo capolavoro DooM III.
Certe volte, ripensandoci, viene in mente. E sembra proprio l’altro giorno, era un venerdì di dicembre, e l’uscita del da tempo annunciato DooM stravolse completamente tutti i canoni e tutti i limiti che erano immaginabili fino a quel giorno. Sembra proprio l’altro giorno. Anche se in quell’ “altro giorno” il computer era ancora ritenuto dai più, dai “molti” più, soltanto uno strumento di lavoro o da utilizzare per scopi scientifici, comunque una cosa non alla portata di tutti, quasi un “oggetto del mistero”; e parlando di videogiochi si richiamavano alla mente i picchiaduro o i giochi di avventura spaziale da bar o, al massimo, qualche consolle Nintendo o Sega delle origini. Prima di allora un videogioco del genere era praticamente soltanto immaginabile in qualche film di fantascienza, in quei film, ambientati in un futuro piuttosto prossimo, non sempre di alta lega, nei quali si parla della società e degli stili di vita che il regista prevede (o semplicemente vuole raffigurare) che verranno. Si, è vero, un anno e mezzo prima era uscito Wolfenstein 3D, che un buon, se non ottimo, passo in avanti l’aveva fatto; ma questo non era ancora nulla in confronto a quello che sarebbe stato DooM.
Ambientazione spaziale, miriadi di scenari possibili, e una vasta possibilità di modifica per creare varianti, hanno reso questo gioco il capostipite del genere, e forse addirittura il primo vero videogioco con una longevità che, da un punto di vista teorico, potrebbe nientemeno che essere infinita: infatti si possono creare, con editor appositi, modifiche a proprio piacimento, dalla semplice modifica all’interno della mappa alla conversione totale, fino alla sostituzione delle rappresentazioni grafiche dei mostri e delle armi.
Il giocatore partiva in una base su Phobos, satellite di Marte, dove, a causa del fallimento di un esperimento di teletrasporto interdimensionale, si sono aperti sette portali verso l’inferno da cui hanno iniziato a venire nel nostro universo terribili creature e spaventosi mostri. Già dall’inizio potevamo ammirare il dettaglio, molto curato, e la varietà di oggetti e mostri, ma soprattutto di ambientazioni interne ed esterne, una gamma di varietà decisamente più ampia rispetto al suo predecessore Wolfenstein 3D.
Anche dal punto di vista della difficoltà la differenza si faceva sentire: mentre in Wolfenstein era spesso sufficiente un po’ di destrezza per cavarsela anche dalle situazioni più difficili, in Doom le situazioni critiche bisogna saperle, prima di tutto, prevenire, per esempio evitando di farsi circondare dai mostri o di andare avanti troppo velocemente col rischio di avere un alto numero di mostri che ti tengono sotto tiro.
Tre episodi di otto livelli ciascuno, più un livello bonus per ogni episodio, con un testo finale che spiega come si fosse tornati finalmente sulla Terra attraverso una porta interdimensionale. Ma c’è una frase finale: “è una fortuna che nessun mostro ti abbia seguito attraverso il passaggio…”, con tre puntini di sospensione. Ne parleremo dopo…
Dal punto di vista dell’hardware, il salto di qualità era per forza evidente. Non poteva in effetti essere altrettanto, viste le tante innovazioni introdotte l’aumento di memoria era una condizione indispensabile. Visto che i requisiti erano, comparati all’epoca, molto elevati, si trovò una soluzione: modificare temporaneamente i file di sistema principali (config.sys, autoexec.bat) per poter distribuire la memoria disponibile in maniera diversa e far partire DooM. Va da sé che il file doveva essere riportato allo stato originario quando si dovevano eseguire gli altri programmi, Windows compreso.
Doom ha introdotto anche il concetto di multiplayer: chi possedeva una rete locale o per quei pochi fortunati che potevano permettersi Internet (a costi esorbitanti) nel 1993 poteva cimentarsi in tipi di sfide, prima impensabili, con altri avversari umani, nelle stesse mappe che magari un attimo prima cercava di liberare dagli alieni.
Le armi erano 8: pugno di ferro, motosega, pistola, fucile a pompa, mitraglietta, lanciarazzi, arma al plasma e bfg (Bio Force Gun, un’arma a energia molto forte, ma che utilizza molta energia, ricercabile soltanto nei cell pack piuttosto rari.)
Qualche paragrafo indietro parlavamo di puntini di sospensione. Come ben noto, il significato dei puntini è di lasciare un qualcosa aperto, di considerare la chiusura un arrivederci piuttosto che un addio. Di sicuro i più maliziosi non si saranno fatti scappare l’uovo di pasqua e avranno interpretato il messaggio subliminale: questo gioco prevedrà un seguito. Interpretazione che si rivelerà giusta non molto tempo dopo: il 10 ottobre 1994 uscì infatti Doom II: Hell on Earth, il seguito naturale della prima versione. Oltre all’aggiunta di nuove armi e mostri, i livelli di questo gioco erano ancora più lunghi e complessi di quelli del primo Doom: un ulteriore passo in avanti. Il gioco era articolato in un episodio unico composto da trenta appassionanti livelli, alla fine dei quali veniva sconfitta la creatura-madre (rappresentata dalla testa di Romero, uno dei più importanti programmatori della ID all’epoca, che purtroppo ha abbandonato la casa qualche tempo fa), più due bonus non obbligatori, in stile Wolfenstein, raggiungibili tramite passaggi segreti. Tra le altre innovazioni del secondo capitolo segnaliamo la doppietta, il fucile a due canne che diventerà il fiore all’occhiello del nostro equipaggiamento.
Si stima che i due Doom assieme abbiano venduto tra le 5 e le 15 milioni di copie in tutto il mondo e che almeno altre 15 milioni di copie siano state prodotte “illegalmente” (niente di particolare, semplicemente copiando su dischetto e passando all’amico, è questo che si vuole intendere).
I premi vinti dai due Doom non si contano: nel 1994 l’attenzione di tutte le riviste di videogiochi era su questo gioco, neanche a dirlo considerato all’unanimità gioco dell’anno 1994, oltre che aver vinto l’award per il miglior gioco d’azione, miglior gioco di avventura e un premio per l’eccellenza tecnica e tecnologica della Id Software.
Per non parlare dei livelli creati dagli appassionati…