E sono già 10. Se è vero che i miti si nutrono del tempo, Doom ne è la dimostrazione. Sono infatti già passati dieci anni dall’uscita del secondo capitolo della saga ma per tutti noi resta indimenticabile il ricordo di uno dei videogiochi che ha fatto la storia del genere.
La ID Software diede inizio al progetto DooM nel 1993. Dopo il successo fatto registrare l’anno prima da Wolfenstein 3D, che è il gioco che si può definire il primo sparatutto tridimensionale, la casa di Mesquite (nel Texas) iniziò a lavorare su un videogame che avrebbe dovuto sfruttare ancor di più le potenzialità del tridimensionale e creare una vastissima gamma di ambienti possibili.
Il gioco che ne uscì, DooM appunto, era ambientato nel futuro, in un futuro poi tutto sommato non molto lontano (un secolo e mezzo) nel quale la UAC, agenzia spaziale che già in precedenza per ottenere obiettivi e progressi agiva senza farsi tanti scrupoli, durante un tentativo di teletrasporto interdimensionale commetteva un errore a causa del quale le creature dell’inferno si riversarono sui satelliti di Marte, Phobos e Deimos.
Il realismo degli ambienti era incredibile, comparato alla tecnologia dell’epoca, e il gioco ebbe un successo talmente grosso che la ID decise di sospendere definitivamente il progetto sui due seguiti che avrebbe dovuto avere Wolfenstein 3D, proprio per concentrarsi sugli sviluppi che avrebbe potuto avere DooM.
Furono infatti milioni le persone in tutto il mondo che per l’occasione cambiarono o aggiornarono il proprio computer: i requisiti di DooM erano esorbitanti per l’epoca, tantoché spesso la soluzione migliore era quella di modificare i file di sistema principali (config.sys, autoexec.bat) ad hoc quando si doveva eseguire DooM e di riportarli allo stato originario quando si dovevano eseguire gli altri programmi, Windows compreso.
Tra le altre cose, DooM fin dall’inizio godeva di un’ampia possibilità di modifica: con editor opportuni, si poteva scegliere se modificare soltanto qualche livello o se fare un wad completamente nuovo con tanto di textures proprie.
Fin da subito inoltre, visto l’impressionante successo, circolarono voci sulla produzione di un seguito.
Voci che la ID non smentì mai e che convertì in realtà pochi mesi dopo: il 10 ottobre 1994 uscì infatti Doom II: Hell on Earth, il seguito naturale della prima versione. Oltre all’aggiunta di nuove armi e mostri, i livelli di questo gioco erano decisamente più lunghi e complessi di quelli del primo Doom.
La storia riprende da dove finiva il primo Doom: dopo aver sconfitto lo Spider Master Mind ed essere tornati sulla Terra, tutto sembra finito, ma i mostri attaccano anche il nostro pianeta. Era presumibilmente questo il significato dei puntini di sospensione che il testo finale del primo Doom ci proponeva: come era chiaro sin da prima il successo che avrebbe fatto il gioco, era già previsto un seguito (Doom II appunto); questo spiega anche la consistenza dei rumors.
Nei primi undici livelli del gioco il nostro obiettivo è quello di permettere alla civiltà umana di fuggire dalla Terra e di salvarsi: i mostri occupano infatti anche la base stellare che contiene le astronavi che permetterebbero la fuga e la salvezza.
Finiti questi livelli, la narrazione ci dice che ce l’abbiamo fatta, e ora potremo sederci ed aspettare la nostra morte, soddisfatti di aver salvato la nostra specie. Ma anche che, poco dopo, è stata trovata la sorgente dell’orda di mostri: il centro della tua città. Nei livelli successivi, quelli dal dodicesimo al ventesimo, si avanza sempre di più verso il centro della città, tantoché i livelli hanno nomi di parti delle città (per citarne alcuni: livello 12: the factory, livello 13: downtown, livello 15: industrial zone, livello 16: suburbs, livello 19: the citadel).
Negli ultimi dieci livelli infine si torna all’inferno dove alla fine si sconfigge la creatura-madre (rappresentata dalla testa di Romero, uno dei programmatori della ID).
Il gioco comprende anche due livelli bonus, in stile Wolfenstein, raggiungibili tramite appositi passaggi segreti.
Andando sullo specifico riguardo armi e mostri, Doom II introduce il Super Shotgun, ovvero il fucile a doppia canna, molto utile in quanto infligge gravi danni utilizzando i colpi di fucile, relativamente facili da trovare (a differenza dei razzi e dei colpi delle armi ad energia). Per quanto riguarda i mostri, da segnalare, tra tutte, la comparsa di un mostro in grado di resuscitare i mostri morti (Arch-Vile) e di un mostro in grado di sparare razzi “homing”, ovvero che seguono il bersaglio (Revenant).
Si stima che i due Doom assieme abbiano venduto tra le 5 e le 15 milioni di copie in tutto il mondo e che almeno altre 15 milioni di copie siano state prodotte “illegalmente” (niente di particolare, semplicemente copiando su dischetto e passando all’amico, è questo che si vuole intendere).
I premi vinti dai due Doom non si contano: nel 1994 l’attenzione di tutte le riviste di videogiochi era su questo gioco, neanche a dirlo considerato all’unanimità gioco dell’anno 1994, oltre che aver vinto l’award per il miglior gioco d’azione, miglior gioco di avventura e un premio per l’eccellenza tecnica e tecnologica della Id Software.
Per non parlare dei livelli creati dagli appassionati…